U Fussuni

(LA CARBONIZAZIONE DEL LEGNO) 

Fin dall'anfichità il cabone è stato il principale combustibile usato da tutti per cucinare, per riscaldare, per forgiare, per costruire...per far muovere le cose.  Ma non tutti potevano disporre di questa fonte di calore, a causa del suo costo. Fu così che i contadini del compensorio delle Madonie e dei Nebrodi, impararono a fare anche i carbonai!!

 U Fussuni è il mezzo usato per la carbonizzazione del legno; "Fari u Fussuni" era il prodedimeto per farlo..

Nelle Terre di Montenero, l'ultimo fussuni fu fatto da Antonio sul finire delgi anni '70..

Qui di seguito è riportato il modo che veniva usato per ottenere il carbone che serviva alle proprie famiglie per tutto l'anno...

arrutati u fussuni
arrutati u fussuni

Le piante abbattute venivano sfrondate e il fusto tagliato in pezzi di circa un metro di lunghezza. Lo stesso si faceva per i rami, riducendoli in piccola pezzatura qualora si fossero presentati storti.
Si ottenevano dunque pezzi ruòssi e curciùma (curtùma). 

Arrutari u fussuni
Lo spazio deputato per la combustione si puliva in precedenza per mezzo di zappuni, sciamarru, rastiedru e si iniziava l'operazione di costruzione del fussuni (arrutari u fussuni).
Si trattava di ottenere una catasta a forma di cupola in cui attorno a un nocciolo (civata) fatto di legna secca o carbone mal cotto (marruna), si iniziava a disporre i materiali a partire dal centro verso l'esterno (e verso l'alto) sempre con disposizione verticale

'Ncurtumari u Fussuni
'Ncurtumari u Fussuni

 

'Ncurtumari u fussuni
L'utilizzazione successiva dei pezzi di piccolo taglio permetteva di conferire la forma sferica al mucchio ('ncurtumari u fussuni).
Alla base si lasciava un foro ('a porta) collegato con un cunicolo al cuore della carbonaia; dal centro, fino all'apice (u cricchju), la collocazione di legni più piccoli e secchi avrebbe permesso una più diffusa combustione e il ricambio di legna che si fosse in seguito reso necessario.

murari u Fussuni
murari u Fussuni

 

Murari u fussuni
La fase successiva consisteva nel ricoprire il tutto (murari, ntufunari u fussuni) con foglie e toppe di terra; il trasporto avveniva per mezzo della cartiedra(carteddacufinu), e la collocazione sulla sommità grazie a una scaletta in legno. Al termine l'insieme veniva battuto e reso compatto con un magghiu.

cociri u fussuni
cociri u fussuni

Cociri u fussuni
La mattina si dava fuoco al fussuni attraverso l'inserimento nel cunicolo predisposto di un mazzo di rametti accesi, spinto con una forcella in modo che si innescasse la combustione nella civata.
L'emissione di fumo era segnale della 'presa', e dunque venivano chiuse le aperture da' purtedda e du' cricchju.
Durante i primi giorni, il carbonaio provvedeva a praticare fori diversamente disposti sulla superficie terrosa, per verificare attraverso la fuoriuscita dei fumi l'omogeneità della combustione o per permettere, attraverso il dislocato tiraggio e la degassazione, una corretta propagazione del fuoco all'interno della carbonaia.

Ginisari u fussuni
Ogni ventiquattro ore e per tre, quattro giorni il carbonaio scopriva la sommità per calare all'interno del fussuni nuovi tronchetti in maniera da rimpiazzare la legna già arsa.
La perdita di volume che si andava verificando col tempo, richiedeva una ciclica sistemazione e battitura della terra per mezzo del rastiedru e del magghju. L'operazione veniva detta 'ginisari u' fussuni' perché si trattava di ridistribuire su esso la terra ormai bruciata, detta appunto ginisi.

Sfussari u fussuni
Dopo otto, dieci giorni la cottura si poteva dire completata e il carbonaio ne decideva l'interruzione, riconoscendone l'opportunità dal volume ridotto, dal colore, dalla densità e dall'odore del fumo.

Venivano chiuse tutte le fessure e fatto spegnere il nucleo; l'indomani si buttava acqua dall'apice e, a raffreddamento quasi completo, si iniziava a 'sfussari'.
Con movimenti lenti ma decisi si rimuoveva u ginisi, e per mezzo di furculi ecartiedra veniva prelevato il carbone che presentava, se l'operazione era perfettamente riuscita, tizzoni che avevano la stessa pezzatura del legno di origine, notevole leggerezza e suono argentino.
Il prodotto veniva insaccato secondo pezzatura e contenuto in sacchi di juta legati con spago alla sommità, pronto per essere trasportato e venduto.

 

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